E’ ancora fondato discutere sulla legittimità artistica, scavando un confine dicotomico tra lo strumento tradizionale e il canale tecnologico?
Che tipo di esiti espressivi raggiunge l’elaborazione grafica di un prodotto finito, quale il disegno, su cui venga eseguito uno studio del procedimento, per sua ulteriore trasformazione estetica?
A questi interrogativi può esaurientemente rispondere la fase evolutiva che interessa in questi anni la produzione di Avelino De Sabbata.
L’autore interrompe il rapporto analogico con l’opera, discretizzando la continuità dello sfondo mediante tecniche digitali. E’ un processo attraverso il quale ciò che è reale si emancipa dal sostegno materiale. Passando a computer disegno e colore, e trattandoli come oggetto grafico, infatti, l’artista vuole toglierne la corporeità e superare l’impegno della relazione diretta autore-mezzo-prodotto, altrettanto fisica e tangibile. Delega il processo a un prolungamento virtuale, alimentatore di mondi possibili, non astratti, né reali. L’effetto che ne deriva è duplice: quello percettivo, della superficie visiva, d’impatto e di sicura risonanza artistica; e quello dell’anfratto mediale, per cui l’autore, pur determinando, per il mezzo che adopera, una lontananza materica, annulla la distanza comunicativa e dà accesso a una dimensione interpretativa di emozioni, impressioni e stati d’animo.
L’apertura empatica emerge dalla scelta tematica, dal privilegio accordato a certuni soggetti, ma soprattutto dalla simbiosi programmatica di disegno e trasparenza cromatica, di essenza formale e luce colorata. Immediato vigore assume il parallelismo concettuale tra limpidezza veicolata dall’opera d’arte e la nitidezza dialogica voluta dall’artista, fattori resi evidenti anche dall’opzione di moltiplicare le dimensioni della matrice compositiva.
L’ingrandimento mette ancora in risalto i giochi dati dalla ruvidezza del piano base (carta cartoncino…) e innesta un silenzioso e sottinteso colloquio con l’osservatore. La tramatura del supporto cartaceo, inoltre, consente un ulteriore alternarsi cromatico e chiaroscurale della composizione.
Il reticolo teorico sul quale s’innesta l’opera di Ave rimanda alle leggi della percezione, che, nel prodotto dell’artista, trovano applicazione anche in sede di contrasti morfologici e cromatismi ambigui.
Il tipo di sfondo adottato permette una sottolineatura emozionale o delle caratteristiche fisiche, e imprime forza al testo comunicativo implicito nel disegno.
La figura umana, nei nudi, risulta settorializzata, quasi scrutata nelle sue linee, ma l’analisi si approfondisce anche a livello interiore. La postura dei modelli – orizzontale, verticale, obliqua – detta la divisione in riquadri e la selezione di alcuni di essi dà una lettura di superficie delle linee anatomiche per piani visivi.
Così in “Figura accosciata” la struttura a croce, con braccia di colore verde, evidenzia l’elemento della verticalità e il particolare delle spalle. Altrove, in “Ragazza in rosso e blu” della modella ritratta a solo volto, l’autore dà uno spaccato psicologico, diffusamente giallastro e verde acido, di contrastata interpretazione.
Colori più morbidi e una banda di verde deciso si stemperano, invece, sul “Ritratto sorridente“.
La riservatezza e l’introversione gestuale in “Serena accoccolata” viene infranta dal chiarore verdastro che l’investe nella banda centrale e implicitamente filtra anche una condizione posturale di uno stato interiore.
La ricomposizione della figura implica la precedente sua scomposizione ed uno sgretolamento che induce a speculare sulla precarietà dell’essere, istantaneamente superata attraverso la soluzione evolutiva d’insieme che ristabilisce l’equilibrio.
Proprio la trasparenza garantisce il superamento di diaframmi e filtri, a favore della percezione della gestalt.
Com’è rilevabile dalle elaborazioni iniziali, inoltre anche le linee e le geometrie, prima nette e rigorosamente delimitate, vengono in seguito approssimate da uno staglio impreciso a matita morbida ed assorbono rigidità e separazioni, a cquisendo favorevole risultato estetico.
Sussiste insomma la percezione di uno spazio psicologico dotato di luoghi e distanze, secondo una geometria esistenziale privata della sostanza e che lascia trasparire l’inconscio: quanto non è evidente nel corpo opaco.
Talvolta anche il contorno, unico sostegno della figura, diviene frammentario.
Allora, la sostituzione del tratto a matita con uno tinteggiato conferisce una certa consistenza al disegno che si lascia penetrare da macchie coloristiche (cfr. “Sandra“, “Figura di schiena“).
Le tinte si connotano di elementi caratteriali e psicologici e, viceversa il profilo morfologico o emozionale della figura suggerisce l’utilizzo di una determinata gamma cromatica realizzata dalla sovrapposizione di “lastre” di colore acquerellato o, comunque, non pieno.
Così colori terracquei, ma anche iridescenti, vengono utilizzati per i corpi caldi dei nudi, mentre intensità proprie della pietra naturale e del ciottolo scalfiscono la fissità delle vedute.
Nei bimbi, sovente, il percettore guida è lo sguardo e la sua peculiare curiosità vivace: il colore degli occhi, oltre che evidenziato, conduce le tonalità di accostamento alla figura-sfondo.
Delicate tinte azzurre, rosate o gialle sottendono all’innocenza e alla totale purezza infantile. L’energia di colori più luminosi, il verde, il giallo, l’indaco, l’azzurro brillante dà note all’ilarità fanciullesca.
Un soffice abbraccio uniforme di colore grigio-azzurro avvolge la “Maternità” e altrettanto omogenea è la limpidezza della relazione visiva nella “Paternità“.
L’autore rivela l’impiego puramente strumentale del principio grafico e della tecnica cromatica computerizzata, che infatti, sono a servizio di particolari eletti ed equilibrano la presenza di altri dettagli. In “Felicità“, la chiarità evidenzia la testina neonata, il seno, il confronto protettivo tra le mani, l’abbraccio, mentre altri particolari sono generalizzati d’azzurrino.
Ne “Il galoppo” le linee di contorno, una volta informatizzate, divengono bianche e fugaci, veloci come cavalli, di cui è catturata la potenza energica, come fuoco impresso nelle diverse gradazioni termiche e, quindi, cromatiche.
Così Ave, premesso l’assunto per cui la trasparenza è valore comunicativo interiore, solleva l’opera dalle categorie spazio-temporali e la scioglie dalla canonica elezione della figura rispetto allo sfondo, e riesce nell’intento di dare luce e colore ai sentimenti e voce all’inanimato.